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Genitori normali per un figlio speciale

Giosuè ha occhi azzurri che incantano e un problema: è autistico.
Fino all’età di circa due anni era tutto normale, mangiava da solo, contava fino a tre, pronunciava il nome dei nonni e le prime parole. Poi, un po’ alla volta, ha iniziato a chiudersi, a non parlare, a isolarsi, a farsi aiutare per mangiare. Abbiamo pensato ad una normale regressione causata dalla imminente nascita della sorellina, ad una manifestazione di gelosia.
La pedriatra che a quell’epoca l’aveva in cura capì il problema, ma non ci spiegò molto, si limitò a dirci, con voce alterata: “Ma non vedete in che condizioni è il bambino? Portatelo da uno psicologo!”.

Non capivamo. Perché dovevamo farlo? Quali problemi aveva Giosué? Forse, sarebbe bastata un po’ di sensibilità per spiegarci cosa poteva avere nostro figlio e quali erano le strade da percorrere.

Non sapevamo molto dell’autismo, ne avevamo sentito parlare ma niente più di questo. Da genitori pensavamo che il nostro bambino non potesse avere questi problemi. O forse, soltanto, non ne accettavamo l’idea.
Abbiamo interpellato altri pediatri. Qualcuno sosteneva che Giosuè fosse autistico, qualcuno che non lo fosse, qualcuno diceva che i bambini autustici non parlano fino ai 4-5 anni e che, se Giosuè lo fosse stato, sarebbe rimasto a fissare il muro per ore. Non sapevamo più cosa pensare.
Intanto facevamo quel che fanno tutti i genitori. Portavamo nostro figlio al parco pensando che la compagnia e la frequentazione di altri bambini potesse aiutarlo a “sbloccarsi”. Ma non ottenevamo nessun risultato se non quello di scoraggiarci sempre più. Per gli altri genitori era tutto facile, insegnavano e i bambini imparavano; noi passavamo ore a spiegare senza ottenere neanche una risposta.
Intanto era arrivato il momento di iniziare l’asilo. Le maestre si accorgono subito che qualcosa non va. Vogliono parlare con noi. Mentre mia moglie era già consapevole di cosa stesse succedendo a nostro figlio, per me le cose stavano diversamente. Non accettavo ancora che Giosuè potesse avere dei problemi e tanto meno che questo mi venisse detto da degli estranei. Decidiamo di cambiargli asilo. Ma intanto assavano i mesi e iniziavamo a cercare consigli e ad accettarli. Nel nuovo asilo incontriamo una persona con cui parliamo prima di iscriverlo; dopo averle raccontato brevemente la nostra storia, ci suggerisce di rivolgerci ad un centro specializzato. Così arriva la prima diagnosi certa: disturbo generalizzato dello sviluppo, ovvero Autismo.

Ora Giosuè frequenta la scuola materna. È cambiato molto, incomincia a costruire delle frasi, gioca e si avvia verso una sempre maggiore autonomia.
Ci capita a volte che le persone ci guardino in malo modo perché un bambino con problemi autistici può sembrare, ad un occhio esterno, soltanto un bambino viziato o capriccioso. L’autismo infatti non ha caratteristiche fisiche evidenti, riconoscibili a tutti; ma è una disabilità subdola, che si manifesta lentamente e in modi non sempre evidenti. Mentre una diagnosi e una terapia precoci sono molto importanti perchè possono aiutare il bambino a sviluppare una maggiore autonomia.
Dopo i primi momenti di sconforto, abbiamo imparato a conoscere  i problemi e le caratteristiche di una persona autistica e, se non siamo felici, siamo sicuramente più sereni perché sappiamo di essere genitori normali. Ma quando riusciamo ad insegnare a Giosuè qualcosa di nuovo, sì, in quel caso siamo felici e, a volte, anche di più.