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Un’indagine compromettente

 

Insegnare ad un bimbo il rispetto per l'ambiente. Il nostro "eco papà" Antonio Cardelli, architetto esperto in programmazione territoriale e sviluppo locale, ci spiega come a partire dal buon esempio e dalle giuste motivazioni.

Papi, ma in quale colore butto il mio sacchetto? Ogni mattina, Marta ed io facciamo a gara a chi prima esce di casa per raggiungere l'isola ecologica del quartiere e “rimettere in ciclo” gli scarti domestici del giorno prima.

Le bucce della frutta e i fondi di caffé vanno nel marrone. Al bianco si affida lo smaltimento di carta e cartone. Nel giallo, la plastica e, nell’azzurro, il vetro. Nel verde dell’indifferenziata, si spera di poter dimenticare, almeno per un po’, la puzza del pannolino di Agnese, la più piccola della famiglia. E’ un’impresa riuscire a districarsi tra i vari contenitori e abbinare odori e colori! I tanti cassonetti, affiancati come le bande di luce colorata dell'arcobaleno, sono l'occasione per un grande gioco d'investigazione a cui Marta si presta nel ruolo di detective: seguire le tracce dei rifiuti e stanare i cattivi comportamenti che mettono a rischio l'ambiente e, quindi, la nostra salute. Si comincia da scuola. Spesso, in maniera virtuosa, si ricorre all'uso dei materiali riciclati per i lavoretti che, poi, i nostri bambini ci mostrano fieri. Però, ancora più spesso, capita di veder utilizzare, durante la mensa, posate e stoviglie di plastica. "Papi ma perché non utilizziamo anche noi le scodelle di plastica?", mi dice Marta con aria furba, quando la mamma le chiede di aiutarla a sparecchiare dopo cena. Non va meglio nel centro commerciale, dove aggirandosi come un segugio tra le corsie, il nostro valoroso poliziotto inchioda sul fatto il pericolo numero uno dei consumi, l’imballaggio. La scena del delitto è lo scaffale. Per ogni merce esposta, viene impiegata una quantità sproporzionata di prodotti che non sfigurerebbero in un penitenziario speciale dedicato ai crimini contro l’ambiente: nastro adesivo, sacchetti, fogli a bolle, chips di polistirolo, gommapiuma. La conservazione del prodotto, nel caso di quelli freschi, come motivazione al misfatto non è una attenuante che si può accettare a cuor leggero. E il nostro inquirente, infatti, sentenzia: “Papi, scartiamo tutte le brioscine e liberiamole!”. Chissà cosa ha in mente? Prima di rientrare a casa, l’indagine conduce al parco dove i bambini usciti da scuola consumano le loro merende e sempre più spesso si mostrano emuli degli, incolpevoli, protagonisti di una delle serie di cartoni preferiti da Marta: Peppa, George, Papà e Mamma Pig. Solo che, in questi casi, non c’è da sbudellarsi dalle risate, stesi a terra a pancia all’aria. Anzi. Finalmente a casa, si ricompongono le tessere del mosaico e si prova a delineare la pista investigativa per individuare il colpevole. L’inchiesta ha aperto varie ipotesi di colpevolezza: la scuola, la grande distribuzione, la maleducazione delle altre famiglie. Sul banco degli imputati sono additati in tanti. Marta mi guarda perplessa e mi dice: “Ma noi perché, per bere, compriamo sempre tante bottiglie di plastica?”. Il tema della raccolta differenziata è una delle grandi opportunità per affrontare con i nostri figli la questione della sostenibilità ambientale. Ogni giorno, quando siamo in loro compagnia, sotto i nostri e i loro occhi, numerose sono le occasioni in cui siamo chiamati a svolgere un ruolo determinante nella loro educazione per una cittadinanza responsabile. Spesso siamo impreparati, non tanto sugli aspetti tecnici ma perché non del tutto fermi nell’adozione di comportamenti virtuosi. L’attenzione alla riduzione dei consumi e  il riutilizzo dei rifiuti a partire dagli scarti domestici possono essere rivissuti, da genitori, come un grande gioco per i nostri figli e una grande prova di maturità per noi come cittadini.